9 giugno 2017
Fatu Hiva, Baia delle Vergini.
Le barche che hanno appena attraversato il Pacifico e si fermano qui all’ancora le riconosci subito dal tangone per il fiocco che continua a sporgere sul lato di sinistra e dallo scafo decisamente lurido impataccato di alghe marron ben oltre la linea di galleggiamento.
L’ancoraggio è improbabile:fondo di sassi e fango,”cattivo tenitore”, con raffiche fino a 30 nodi che si incanalano dalle montagne dell’isola nella valle di Hanavave.
L’acqua del mare è marron :il fiume che sfocia a poche centinaia di metri scarica terra rossa e detriti in tutta la baia.
Dopo 23 giorni di navigazione non ci possiamo neanche tuffare nè farci una bella nuotata.Di dissalare non se ne parla propio.
Per fortuna abbiamo ancora 100 lt di acqua nel serbatoio di poppa:bisogna andar cauti con la doccia.Ci si lava a pezzetti:la sensazione di essere sudici non ci piace propio, ma ci dobbiamo adattare.
Un barchino di metallo si affianca al Paddy Boy:a bordo quattro uomini tatuati e sorridenti.Ci chiedono se vogliamo frutta:pomplemousse, banane,papaia.Siii!!
Non vogliono denaro, ma rhum, o birra o vino: purchè sia alchool !
Abbiamo a bordo alcune bottigliette di rhum pronte per l’occasione.Ci danno la frutta : un caschetto di banane striminzite e cinque succosi pomplemousse.Diamo loro il rhum e storcono il naso:troppo poco...Aggiungo due birre,ma non va ancora bene...Robi non è disposto a discutere oltre e i quattro se ne vanno salutandoci senza alcun entusiasmo…
L’isola, verdissima,è ricca di acqua,ma non c’è alcun servizio per le barche in transito.Si può sbarcare solo con il dinghi, legando la cima ad un unico anello di ferro arrugginito su un alto muraglione di cemento protetto da un frangiflutti di massi lavici.
Un gruppo di operai , con macchinari moderni ed attrezzature anti infortunistiche “europee”,sta costruendo un nuovo molo all’interno del ridosso esistente.Dovranno anche dragare il fondo per consentire l’attracco alle barche che scaricano i viveri dalla”Aranui”,la nave con le scorte alimentari che raggiunge le Marchesi partendo da Tahiti ogni due settimane.Bisogna dire che lavorano dalle 6 del mattino alle 8 di sera :ci stupisce tanta buona volontà. I polinesiani sono diversi dai Caraibici !
Appena scendiamo a terra ci rendiamo conto che pomplemousse e banane crescono nella foresta intorno al paese:li possiamo raccogliere da noi, nessuno se ne cura...Furbacchiotti i quattro del barchino !
11 giugno 2017
Anche OBIWAN ha concluso felicemente la trsversata del Pacifico ed ora è all’ancora vicino a noi.Raffaella Giovanni ed Slessandro finslmente possono riposare..
Noi passeggiamo per le viuzze cementate di Hanavave .Uomini e donne ci invitano dalla porta di casa a vedere il loro lavoro artigianale di intarsio del legno.Nessuno insiste per assicurarsi un acquisto:sono tutti gentili e sorridenti.Ci piacciono!
Incontriamo di nuovo la combriccola del barchino:gli unici ubriachi in tutto il paese…
Poco prima del tramonto ci giunge il canto dolce dei paesani riuniti in chiesa:una lingua a noi sconosciuta con una musicalità rilassante.
Ci incuriosisce tanto da sederci anche noi tra i fedeli nella piccola chiesa bianca senza vetri alle finestre:l’aria della valle entra liberamente e rinfresca tutti noi.È finita l’afa insopportabile di Portobello e Panama.
Questo clima ci piace, ma dobbiamo fare subito i conti con i malefici,terribili “no-nos”, le micro zanzare invisibili in agguato nel verde , purtroppo parenti strette delle “citras”conosciute alle San Blas.Speravo di non incontrarle mai più e invece devo spruzzarmi gambe e braccia con il repellente al geranio,oppure “olearmi” con l’olio di “monoi”, ma le maledettissime non danno tregua e i”bozzi” continuano a prudere per almeno una settimana!
Un deciso rullo di tamburi ci guida ad una ampia sala con il pavimento di cemento grezzo situata in riva al mare nei pressi del campo sportivo.Si tengono ogni sera le prove di ballo per un “festival” di fine anno sull’isola di Nuku Hiva .Una decina di tamburi,almeno cinquanta ballerini tra uomini donne e bambini ed un affascinante maestro/a “gay” elegantemente acconciato con coroncina di foglie perfettamente intonate al pareo e alla T shirt verde mela.Un’ora e mezza di balli tipici in cui anche le più ciccione del paese ancheggiano con assoluta maestria: qui nessuno giudica nessuno.Ci sembra gente serena,tollerante,felice di stare insieme, lontana dalla schiavitù dello schermo televisivo.Meglio il ballo !!
Torniamo al porticciolo verso le nove di sera:notte fonda.È con noi anche Alessandro,l’ospite di OBIWAN.Ma...dov’è il nostro dinghi?Panico ! Non c’e più !! Il moletto è deserto!CE LO HANNO RUBATO !!! E adesso come torniamo in barca ???
Chiediamo aiuto ad una coppia che avevamo notato in chiesa e che sta passeggiando vicino al molo:forse hanno visto qualcosa? No,non ne sanno niente..I minuti passano: e adesso che facciamo ??? Improvvisamente,dal buio,ecco che arriva il rumore del fuoribordo e subito dopo compare l’inconfondibile sagoma arancio/turchese del nostro amato”gommino”.A bordo due ragazzotti :accostano al molo come niente fosse e mi lanciano la cima di ormeggio.Li guardiamo a bocca aperta mentre scendono a terra e di avviano alle loro biciclette appoggiate alla roccia.
La signora polinesiana , che per fortuna parla inglese,chiede spiegazioni:i due si inventano che il dinghi si era slegato ,stava andando alla deriva e loro ce lo hanno salvato...Nessuno ci casca neanche per un attimo! Nadia, la signora, capisce subito di cosa si tratta: baratto notturno di frutta in cambio di alchool.I due hanno usato il nostro dinghi con tranquillità, come fosse un loro diritto...Mentre stanno per andarsene, uno di loro torna al molo e ricupera un pacco di biscotti che aveva dimenticato nel nostro “gommino”: ma si può??!
Noi non sappiamo cosa fare:Nadia ci suggerisce di denunciare il fatto alla “gendarmerie”.È stata sicuramente una “bravata”, il “gommino”è tornato al suo posto,non vogliamo infierire, ma ci sembra anche giusto che il caso venga segnalato a chi di dovere per evitare ad altri equipaggi un incubo simile a quello che abbiamo vissuto noi.
Scopriamo che Nadia è l’unica infermiera di Fatu Hiva ed ha il suo dispensario vicino all’ufficio della gendarmerie.
Passeremo da lei la mattina dopo e lei stessa ci aiuterà con l’unico poliziotto in servizio a Hanavave che parla solo il francese o il marchesano.Ritorniamo alla barca pensierosi e increduli : il primo impatto con questa bellissima terra è stato”pesante”...
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